Articoli della Settimana Giugno 20-22

Vertice a Roma: Meloni e von der Leyen rilanciano il piano Mattei per l’Africa

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025

Roma si anima già dalle prime ore del mattino: piazza San Marco e Villa Doria Pamphilj accolgono delegati, giornalisti e cittadini curiosi. Oggi il cuore della politica internazionale si sposta nella capitale, con un appuntamento di grande rilievo: il summit “Mattei Plan for Africa and the Global Gateway”, co-presieduto dalla Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni e dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. L’evento punta a dare una scossa concreta agli investimenti privati nel continente africano, un tassello strategico in un momento in cui Europa e Africa cercano di costruire ponti solidi, lontani da logiche coloniali e vulnerabilità economica.

Il contesto storico racconta una relazione antica e complessa tra Italia, Unione Europea e Africa. Dall’Era post-coloniale fino ai recenti flussi migratori e alle crisi geopolitiche, la politica europea ha alternato interessi economici, umanitari e di sicurezza. Il “Global Gateway”, lanciato nel 2021, si propone di offrire investimenti sostenibili per infrastrutture, digitale, energia e salute, in risposta all’influenza crescente di Cina e Russia. Oggi, con il “Mattei Plan”, Italia ed EU cercano di imprimere un cambio di passo concreto – non slogan – verso progetti reali nelle nazioni africane.

I fatti principali di oggi includono la firma di una dichiarazione congiunta, l’annuncio di nuove partnership con imprese italiane e l’impegno di mobilitare fondi per infrastrutture energetiche rinnovabili. Particolare rilievo avranno i progetti per accrescere la connettività digitale e l’accesso ai servizi sanitari. Nel corso della conferenza parlamentare sul dialogo interreligioso, inoltre, si è ribadita l’importanza di un approccio rispettoso dei valori e delle culture locali, fondamentale per la credibilità europea. Sullo sfondo, venti di guerra, pressioni protezionistiche e crisi climatiche ricordano che il Mediterraneo non è uno specchio isolato ma parte di una rete globale.

Attualmente, l’evento segna un passo avanti, ma la strada resta da tracciar tutta. Serve infatti tradurre gli annunci in progetti operativi, rafforzare la capacità di monitoraggio e coinvolgere la società civile africana. Il summit continua nel pomeriggio con tavoli tecnici tra enti locali, ONG e imprese. C’è ottimismo, ma anche realismo: storie come il Ponte sul Niger in Mali raccontano che l’energia di un summit può tradursi in ponti sospesi tra promesse e realizzazioni.

Guardando al domani, se gli accordi saranno applicati con coerenza, l’Italia potrebbe diventare un hub strategico per lo sviluppo sostenibile in Africa. Questo implicherebbe non tanto l’ennesima “diplomazia dell’aeroporto”, ma investimenti veri in formazione, infrastrutture e sanità, capaci di generare occupazione e sviluppo. Significa anche una nuova narrazione mediorientale e africana fuori dai cliché, basata sul rispetto, sulla parità e sull’autonomia delle comunità locali.

Infine, la riflessione etica: si tratta di un’opportunità per costruire un modello diverso di cooperazione, che risponda a una domanda di giustizia globale. Se riusciremo a fare di questa visione un modello reale, potremo dimostrare che l’Italia e l’Europa possono fare insieme la differenza, non come nazioni ricche che impongono, ma come partner che ascoltano, lavorano e crescono insieme.

La guerra in Ucraina continua: droni russi colpiscono Odesa e Kharkiv, rallentano le speranze di pace

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025


Il cielo notturno sopra Odesa e Kharkiv si è acceso di luci rosse, un segnale che la guerra russo‑ucraina continua la sua spirale devastante, superata ormai la soglia dei mille giorni. Il silenzio abituale è stato rotto da esplosioni, mentre i droni iraniani di produzione Shahed hanno sorvolato le città, colpendo obiettivi civili durante la notte. Almeno una persona ha perso la vita e circa venti sono rimaste ferite, inclusi due vigili del fuoco che cercavano di spegnere incendi nei palazzi danneggiati.
La guerra ha radici profonde: scoppiata oltre tre anni fa con l’invasione russa, ha già trasformato l’Europa orientale, costringendo milioni a fuggire e portando devastazioni fisiche e psicologiche. Le prime fasi, segnate da offensive rapide e resistenza ucraina, hanno lasciato spazio a un conflitto dilatato nel tempo, caratterizzato da bombardamenti indiscriminati e da una logica di logoramento.
Questa notte ha visto il lancio di oltre 80 droni, di cui circa 70 intercettati dalle difese ucraine. Le autorità di Kiev hanno denunciato che l’attacco era diretto anche a infrastrutture sanitarie e civili. Il presidente Zelenskyy ha chiesto alla Ue e alla Nato un rafforzamento delle sanzioni economiche contro Mosca e un maggior supporto nella difesa aerea. Nel frattempo, spuntano timidi segnali di un prossimo cessate il fuoco in horizon: si parla di scambi di prigionieri la prossima settimana, dopo gli ultimi colloqui di Istanbul.
Oggi, la resilienza ucraina continua a reggere, ma cresce la stanchezza fisica e mentale della popolazione. Le città hanno ricominciato le lezioni in modalità ibrida, ma la notte resta insicura. A Odesa i cittadini si preparano a interrompere nuovamente il sonno, mentre Kharkiv cerca di ristorarsi con nuovi rifugi civili.
Saranno le prossime settimane a dirci se il conflitto manterrà la sua escalation o se l’Europa riuscirà a stringere un accordo concreto per congelare almeno temporaneamente le ostilità. Difficile ipotizzare una pace duratura senza un intervento diplomatico più risoluto.
Di questo momento resta la ferita aperta di una guerra vicina all’Europa, che ci sfida a riflettere sulla fragilità della pace e sul valore della solidarietà internazionale.


Tensione crescente fra Israele e Iran: dopo una settimana di raid, il rischio di un conflitto regionale è palpabile

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025


Negli ultimi sette giorni, il Medio Oriente è tornato al centro dell’attenzione mondiale con un’escalation che ha portato missili iraniani a colpire un ospedale in Israele, e attacchi israeliani a siti nucleari iraniani. Circa 240 persone sono rimaste ferite, tra cui numerosi civili, mentre la comunità internazionale osserva con preoccupazione l’eventualità di un conflitto su vasta scala.
Le radici di questa tensione risalgono a decenni di rivalità strategica, in cui l’Iran, sostenitore di gruppi sciiti, e Israele, allarmato dall’espansione del nucleare iraniano, si affrontano con raid e contro‑raid. Questa escalation è la più significativa dall’invasione di Gaza, segnata da attacchi mirati e dall’uso – sul piano mediatico – di minacce offerte dal presidente americano Trump, che ha concesso a Teheran due settimane per negoziare prima di un eventuale intervento statunitense.
Gli eventi principali includono l’attacco che ha colpito l’ospedale israeliano, seguito da raid israeliani su impianti sospetti di arricchimento nucleare a Tehran e Arak. Il governo iraniano ha risposto lanciando missili balistici e droni contro obiettivi civili nel centro e sud del paese. Parallelamente, in Europa si sono tenuti colloqui diplomatici a Ginevra con i ministri esteri di Francia, Germania e Gran Bretagna, mentre la Cina invitava a fermare le ostilità.
Al momento, entrambe le parti hanno evitato un’escalation diretta: l’US ha ordinato la sospensione dei voli in Medio Oriente e offre evacuazioni ai propri cittadini; l’Europa preme per la diplomazia, mentre Russia e Turchia cercano mediatore. Su campo, però, le sirene continuano a suonare nei centri urbani israeliani e iraniani, e la comunità civile vive in allerta continua.
Nelle prossime due settimane sarà chiaro se gli interventi diplomatici riusciranno davvero a fermare il conflitto, oppure se il confronto si allargherà, coinvolgendo attori regionali come Hezbollah o Stati Uniti e Arabia Saudita.
Restiamo di nuovo davanti a una scelta tra guerra e dialogo. Questo è il tempo in cui la diplomazia deve trasformarsi da optional in strumento primario di risoluzione.


Telemedicina e territori: l’innovazione che può ridurre le distanze sociali e salvare vite

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025

In un mondo in cui l’accesso alla salute non è ancora un diritto equamente garantito, la telemedicina si sta affermando come una delle rivoluzioni più significative del nostro tempo. Non si tratta solo di una soluzione tecnologica, ma di una nuova visione di cura che sfida i limiti fisici, geografici e talvolta anche culturali dell’assistenza sanitaria. Soprattutto nelle aree rurali e interne, dove gli ospedali sono distanti, le strade impervie e la popolazione sempre più anziana, la possibilità di ricevere consulti e monitoraggi a distanza può fare la differenza tra abbandono e dignità, tra sofferenza cronica e prevenzione efficace.

Il concetto di medicina a distanza ha radici più antiche di quanto si pensi: già negli anni ’60 la NASA sperimentava sistemi per monitorare la salute degli astronauti nello spazio. Ma è solo con l’avvento di internet veloce e degli smartphone che questa visione ha iniziato a diventare accessibile su larga scala. La pandemia da Covid-19 ha poi rappresentato una cesura storica: di fronte al collasso delle strutture sanitarie tradizionali, l’uso della telemedicina è esploso, portando milioni di persone a familiarizzare con video-consulti, ricette digitali, cartelle cliniche online.

Oggi, la vera sfida non è più solo tecnica, ma sociale e infrastrutturale. Nei borghi italiani come nei villaggi dell’Africa Sub-sahariana, il problema è spesso la connessione assente o instabile, la scarsa alfabetizzazione digitale e la mancanza di dispositivi adatti. In Italia, ad esempio, molte regioni montane vivono un vero paradosso: mentre le metropoli si dotano di app all’avanguardia, interi paesi sono ancora in attesa di una linea telefonica decente. Serve un investimento pubblico strategico e mirato, che non lasci indietro nessuno.

Ma ci sono anche esperienze positive che indicano la strada. In alcune province italiane sono nate micro-centrali di telemedicina in farmacia, nei centri anziani o nelle scuole. I medici collegati da remoto possono visitare, monitorare parametri vitali, assistere i pazienti cronici, evitando spostamenti inutili e abbattendo tempi e costi. Questi modelli ibridi, che uniscono umanità e innovazione, stanno riscuotendo successo anche perché mantengono viva la relazione tra medico e paziente, trasformandola senza snaturarla.

Il futuro della medicina non sarà solo negli ospedali, ma anche nelle case, nei tablet, nei piccoli ambulatori di montagna. Eppure, non tutto può essere delegato alla tecnologia. La cura richiede tempo, ascolto, fiducia. La telemedicina, se ben usata, può ampliare queste dimensioni, non sostituirle. Per questo motivo è fondamentale che la digitalizzazione della sanità non venga affidata solo al mercato o all’improvvisazione, ma guidata da un’idea di salute pubblica come bene comune.

In ultima analisi, la telemedicina ci offre una potente metafora del nostro tempo: unire ciò che è distante, superare le barriere, tornare ad ascoltare anche chi vive ai margini. È qui che l’innovazione si fa davvero umana.

Diritti umani e tutela ambientale: il coraggio dei difensori della Terra in un mondo che li ignora

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025

Dietro ogni battaglia per la salvaguardia dell’ambiente si celano storie di coraggio e sacrificio, spesso ignorate dai grandi media e dalle agende politiche. I difensori dell’ambiente, figure che con dedizione proteggono foreste, fiumi e territori minacciati da estrazioni minerarie, deforestazione e inquinamento, vivono quotidianamente sotto la minaccia di intimidazioni, violenze e perfino omicidi. Questa realtà drammatica, purtroppo, non è confinata a pochi Paesi, ma riguarda ogni continente, segnalando una crisi globale che intreccia diritti umani e crisi ambientale.

Per comprendere l’importanza di queste persone, bisogna guardare al loro ruolo cruciale nel mantenere l’equilibrio degli ecosistemi e nel difendere i diritti delle comunità indigene e locali. Spesso si tratta di popolazioni marginalizzate, che attraverso la loro lotta incarnano una resistenza storica e culturale contro modelli di sviluppo predatori. La criminalizzazione del loro impegno è una strategia utilizzata da interessi economici potenti, che mirano a sfruttare risorse naturali senza scrupoli, senza considerare il costo umano e ambientale.

Negli ultimi anni, diverse organizzazioni internazionali hanno cercato di portare alla luce queste storie, chiedendo maggiore protezione e riconoscimento legale per i difensori dell’ambiente. Alcuni Paesi hanno introdotto leggi specifiche e meccanismi di tutela, ma spesso la loro applicazione è debole o inefficace, e le pressioni politiche e economiche continuano a minare la sicurezza di questi attivisti.

Oggi, la difesa dell’ambiente si intreccia sempre più con i diritti umani fondamentali: il diritto alla vita, alla salute, alla libertà di espressione e di partecipazione. Le sfide non sono solo locali, ma globali, richiedendo un impegno collettivo che coinvolga istituzioni, società civile e opinione pubblica. La mobilitazione internazionale e la solidarietà tra movimenti sono diventate armi fondamentali per proteggere chi rischia tutto per il bene comune.

Guardando al futuro, è indispensabile rafforzare strumenti giuridici internazionali, creare reti di supporto e garantire la trasparenza nei processi decisionali che coinvolgono l’ambiente e le comunità locali. La tecnologia può giocare un ruolo chiave, attraverso sistemi di monitoraggio e denuncia che aumentino la visibilità e la sicurezza degli attivisti.

Infine, questa battaglia non è solo politica o ambientale, ma profondamente etica. Riconoscere il valore e il coraggio dei difensori dell’ambiente significa riaffermare la nostra responsabilità collettiva verso la Terra e verso le generazioni future. È un appello a non dimenticare che la protezione della natura e dei diritti umani sono inseparabili, e che solo attraverso il rispetto reciproco e la giustizia sociale potremo costruire un futuro sostenibile e pacifico.

Crisi climatica: oltre la conferenza, la sfida globale per un futuro sostenibile

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025

L’emergenza climatica rappresenta oggi la sfida più complessa e urgente per la comunità internazionale. La recente conferenza globale ha acceso i riflettori su impegni e promesse che, se mantenuti, potrebbero cambiare il corso degli eventi per il pianeta. Tuttavia, per comprendere appieno la portata della situazione, è necessario tornare indietro nel tempo, analizzando le origini del cambiamento climatico e l’evoluzione delle risposte politiche.

Dagli accordi di Kyoto agli Accordi di Parigi, la storia delle politiche climatiche è segnata da tentativi di mediazione tra interessi economici nazionali e la necessità di proteggere l’ambiente. Il clima, infatti, non conosce confini e la sua tutela richiede un approccio multilaterale, fondato sulla collaborazione e sul rispetto reciproco. In questo contesto, il ruolo delle grandi potenze è decisivo, così come quello dei Paesi emergenti, che spesso si trovano a dover coniugare sviluppo e sostenibilità.

Oggi, gli scienziati lanciano avvertimenti sempre più precisi e allarmanti: il tempo per agire si riduce rapidamente, e ogni frazione di grado in più di riscaldamento aumenta i rischi di eventi estremi, perdita di biodiversità e crisi sociali. Le misure adottate nelle conferenze, dunque, devono tradursi in azioni concrete, monitorate e verificate con trasparenza. Inoltre, la transizione energetica verso fonti rinnovabili deve essere accompagnata da politiche di giustizia climatica, che tutelino le popolazioni più vulnerabili e promuovano uno sviluppo inclusivo.

Guardando al futuro, la sfida si amplia anche alla capacità di adattamento delle comunità e degli ecosistemi. La resilienza climatica diventa così un obiettivo chiave, da perseguire attraverso innovazioni tecnologiche, gestione sostenibile delle risorse naturali e trasformazione dei modelli di consumo. La partecipazione attiva dei cittadini, la sensibilizzazione e l’educazione ambientale sono elementi fondamentali per costruire un consenso sociale ampio e duraturo.

Infine, oltre la dimensione politica e tecnica, emerge la necessità di una riflessione etica profonda. La crisi climatica ci pone davanti a una responsabilità collettiva, un invito a ripensare il nostro rapporto con la natura e con le future generazioni. Agire per il clima significa non solo preservare la vita sul pianeta, ma anche riaffermare valori di solidarietà, equità e rispetto per ogni forma di vita.

Innovazione sociale: le cooperative digitali come volano di un nuovo modello lavorativo e comunitario

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025

L’idea di trasformare il lavoro digitale da un’esperienza solitaria a una pratica collettiva è al centro di una rivoluzione sociale che sta prendendo forma nelle cooperative digitali emergenti in molte città europee. Questo fenomeno, nato dall’esigenza di contrastare l’isolamento e la precarietà tipici del lavoro freelance, si inserisce in un contesto più ampio di ripensamento del modello economico e sociale.

Per capire il valore di questa innovazione, è importante considerare le radici storiche delle cooperative, nate come risposta alle disuguaglianze e alle difficoltà degli operai nell’era industriale. Oggi, le cooperative digitali raccolgono questa eredità, adattandola alle nuove sfide di un mondo sempre più interconnesso e digitale. Offrono non solo spazi fisici di coworking, ma anche piattaforme tecnologiche condivise, strumenti di governance partecipativa e modalità di condivisione equa dei profitti.

La pandemia ha accelerato questi processi, evidenziando la fragilità di molti lavoratori autonomi e la necessità di nuove forme di sostegno e comunità. Le cooperative digitali si distinguono per la loro capacità di combinare flessibilità e sicurezza, garantendo tutele maggiori rispetto al lavoro isolato, e promuovendo al contempo un senso di appartenenza e collaborazione. Questo modello favorisce lo scambio di competenze, la creazione di progetti comuni e una maggiore sostenibilità economica e sociale.

Inoltre, il successo di queste realtà non si limita al solo ambito lavorativo. La loro diffusione contribuisce a rigenerare quartieri e spazi urbani, promuovendo pratiche ecologiche e inclusione sociale. Le cooperative spesso investono in iniziative culturali e formative, creando così un ecosistema integrato che risponde ai bisogni contemporanei di condivisione e innovazione.

Guardando avanti, le cooperative digitali potrebbero rappresentare un pilastro fondamentale per un’economia post-industriale più equa e partecipata, capace di valorizzare il capitale umano e sociale. Il loro sviluppo dipenderà però dalla capacità di attrarre investimenti, creare reti solide e costruire alleanze con istituzioni pubbliche e private, senza perdere la loro natura democratica e inclusiva.

Sul piano etico, queste esperienze stimolano una riflessione sul significato stesso di lavoro e comunità nel XXI secolo. Rompono l’idea di competizione individuale esasperata, aprendo la strada a un modello basato sulla solidarietà, la responsabilità condivisa e il rispetto reciproco, valori che possono contribuire a una società più giusta e umana.

Lifestyle: il fascino irresistibile del trend “lobster clothing” invade l’estate 2025

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025


L’estate ha un nuovo protagonista: non la famosa “tomato girl”, ma il bizzarro e spensierato lobster clothing. Tra coralli stilizzati e fantasie a tema crostaceo, dall’America all’Italia questa tendenza allegra sta conquistando gli armadi degli influencer e delle persone che amano osare con un tocco di ironia. Dal maglione con aragosta gigante al dress-scultura che ricorda una torre di molluschi, tutto è permesso in questo gioco di colori e juxtaposizioni giocose.
A chi pensa che la moda sia solo serio convenzionalismo rispondiamo: non quest’estate. Il settore del fashion riesce ancora a sorprenderci, a sdrammatizzare le tensioni sociali di un’epoca troppo iperconnessa. Il lobster clothing è uno spunto per ridere indossando l’arte, e per comunicare leggerezza in un mondo che ha spesso bisogno di respirare.
In tempi di crisi, questi trend pop segnalano quanto il bisogno di evasione sia una risposta sana all’oppressione informativa. Tante influencer stanno già promuovendo versioni sostenibili, realizzate in cotone biologico e filati rigenerati, perché l’ironia non deve scindersi dalla responsabilità ambientale. Il trend, nato tra New York e Los Angeles, ha già raggiunto Milano e Roma, ammorbidendo la rigidità dell’estate con tocchi colorati e sorrisi da indossare.
Nel futuro prossimo, il lobster clothing potrebbe fixare una nuova estetica estiva, legata al mood easy e all’attitudine giocosa. E se all’inizio sembrava una trovata, oggi diventa un modo per prendersi poco sul serio e molto in sé.
Ci sentiamo tutti un po’ più vicini, più umani, con un maglione che racconta di vacanze, di storie condivise, di un’autenticità ritrovata tra moda e umorismo.


Economia: la tassa sulle bevande zuccherate slitta al 2026, vittoria per consumatori e industria

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025


La notizia è arrivata oggi in Parlamento: la cosiddetta sugar tax, la controversa imposta sulle bevande dolci, subirà un nuovo rinvio e non entrerà in vigore prima del 2026. L’annuncio ha scatenato reazioni contrastanti: da un lato segnala una sconfitta del principio “chi inquina paga”; dall’altro rappresenta un sollievo per i consumatori e le aziende già in affanno con i costi energetici e logistici.
La sugar tax era già stata proposta nel 2020 per ridurre l’obesità e tutelare la salute pubblica, ma ha incontrato opposizioni consistenti da parte dei produttori: bevande gassate come Coca-Cola e Pepsi hanno mobilitato lobby e richiesto studi più approfonditi sugli impatti economici. Da qui in poi, tra rallentamenti burocratici e crisi economiche legate al post‑Covid, il provvedimento è rimasto in attesa.
Oggi il governo, con la Lega al fianco, ha fatto sapere che intende riconsiderare l’imposta insieme agli stakeholder. I dettagli tecnici non sono stati resi pubblici, ma il rinvio è stato motivato con la necessità di armonizzare la misura con l’inflazione e la ripresa dell’economia. Il Parlamento voterà il nuovo calendario entro l’autunno.
Ad oggi, le aziende sospirano di sollievo: avranno un anno in più per pianificare investimenti e riorganizzare i listini. I consumatori, soprattutto famiglie a basso reddito, potranno contare su prezzi stabili, almeno per ora. Il tema però resta caldo: se da una parte c’è l’industria, dall’altra ci sono le linee guida sanitarie internazionali che lo considerano uno strumento efficace per ridurre il consumo eccessivo di zuccheri.
Nelle prossime settimane si aprirà il dibattito: come conciliare l’interesse alla salute pubblica con quello dell’economia reale? La strada sarà lunga, e richiederà analisi rigorose e trasparenza nei calcoli.
C’è bisogno di una politica che sappia unire economia e benessere, senza lasciare indietro nessuno.


Sport: Mugello in fibrillazione per la MotoGP, Bagnaia in cerca della riscossa nel clima toscano

Gazzetta Della Sera a cura della redazione 20 giugno 2025


Il Mugello è caldo, non solo per il sole che batte forte sul circuito, ma per il fermento che circonda la MotoGP. Questa mattina le prove libere hanno regalato sorprese: Maverick Viñales (Red Bull KTM) si è messo davanti, superando per appena 0,110 secondi Francesco “Pecco” Bagnaia. Lì dove il pubblico conta più delle bandiere, la tensione si taglia con il coltello.
Storicamente Mugello è la culla dei valori della Ducati e degli italiani: un tracciato veloce e tecnico, dove mani e motori sembrano fondersi. È qui che Bagnaia ha vinto tre volte, consolidando un legame quasi sacro con il pubblico toscano e con il rosso delle carene. Ma oggi non ha potuto dominare, frenato da un ritmo incostante e da un cambio di pneumatici che lo ha disorientato.
Momenti top: Viñales ha siglato il miglior tempo con 1’44”634, mentre Marquez figlio ha piazzato la seconda Ducati dietro Pecco. Bagnaia ha commentato: “È stata una giornata altalenante, il passo variava con il posteriore”. I tecnici Ducati stanno analizzando dati e telemetrie per ritrovare ritmo e fiducia.
La situazione attuale vede Bagnaia in un momento cruciale: reduce da un’annata altalenante, con una sola vittoria in Texas, deve risalire la china per restare competitivo nel Mondiale. Mugello, che assegnerebbe emozioni e punti pesanti, può essere la svolta. Per questo il weekend sarà un tripudio di strategie, setup e cuore italiano.
Il futuro? Se già nel Warm-Up riuscirà a ritrovare feeling e ritmo, potrebbe essere la scintilla per un weekend di gloria. Ma la concorrenza è agguerrita, tra KTM, Honda e proprio le Ducati Gemelle di Marquez.
Oltre alla corsa, Mugello offre un’esperienza collettiva: bandiere, tifosi appassionati, e la bellezza della curva della Bucine. In un’epoca digitale, questa dimensione “fisica” dello sport ci ricorda quanto possiamo emozionarci uniti.

Il ritorno del cinema indipendente italiano: una rinascita silenziosa e necessaria

Articolo di Giuseppe Aquino regista

C’è un silenzio speciale nelle piccole sale cinematografiche, quello che precede l’inizio di un film. Un silenzio che non è solo attesa, ma una promessa: che lì, davanti a quello schermo, ci sarà spazio per emozionarsi, pensare, cambiare. Dopo anni di crisi e marginalizzazione, quel silenzio è tornato a riempirsi. Il cinema indipendente italiano, dato per spacciato più volte, oggi torna a farsi sentire, a piccoli passi ma con una voce nuova, autentica e coraggiosa. Non fa rumore, non insegue algoritmi o classifiche da record. Ma conquista lo spettatore uno per uno, con storie che parlano all’anima, che nascono dalla realtà e si rivolgono al cuore.

Per comprendere la portata di questa rinascita, è necessario guardare al passato recente. Il cinema indipendente italiano ha vissuto un lungo periodo di marginalità a partire dagli anni ’90, stretto tra le grandi produzioni commerciali e le trasformazioni del mercato audiovisivo. Se il neorealismo e l’autore cinematografico avevano dato all’Italia un ruolo centrale nel panorama mondiale del cinema d’arte, le logiche industriali e televisive del nuovo millennio hanno progressivamente ridotto lo spazio per il rischio, per la sperimentazione, per le voci fuori dal coro. Le grandi reti e le piattaforme hanno dettato gusti, formati, tempi. Il cinema che non rispondeva a questi criteri veniva spinto ai margini: invisibile nelle programmazioni, ignorato dalla promozione, a volte addirittura deriso.

Eppure, in quei margini, c’era vita. C’erano registi che raccontavano storie di migranti, periferie, malattia, lotta sociale, amore vero. C’erano produttori che mettevano in gioco i propri risparmi, attori che recitavano gratis per un’idea, giovani troupe che si arrampicavano sulle montagne con una reflex e uno zaino. Era un cinema fatto di resistenza e artigianato, spesso ignorato dalle istituzioni ma capace di parlare una lingua nuova. La crisi pandemica ha colpito duramente anche questi piccoli progetti, ma ha paradossalmente riaperto una breccia: il bisogno di un’altra narrazione, più umana, più lenta, più reale.

Oggi, qualcosa sta cambiando. Festival e rassegne che un tempo erano di nicchia stanno tornando a riempire le sale, e non solo nelle grandi città. In tutta Italia, dai centri sociali autogestiti ai cinema d’essai, si moltiplicano le proiezioni indipendenti seguite da dibattiti, incontri con gli autori, momenti di comunità. Le nuove generazioni, spesso deluse da un intrattenimento superficiale e omologato, si stanno avvicinando a questo linguaggio con curiosità e fame di verità. I film indipendenti non sono solo opere artistiche, ma spazi di parola, strumenti di cambiamento, testimonianze del tempo presente. Molti di questi raccontano l’Italia invisibile: operai disoccupati, badanti straniere, giovani precari, famiglie spezzate. Non è pietismo, ma osservazione profonda, spesso poetica. Un cinema che osa, che scommette sulla bellezza dei dettagli, sulla forza del silenzio, sull’impatto di un volto vero.

La situazione attuale è ancora fragile, ma promettente. I registi indipendenti trovano nel digitale un alleato per abbattere i costi e ampliare la distribuzione. Alcune piattaforme etiche, non orientate solo al profitto, stanno aprendo nuovi canali per far arrivare questi film al pubblico, anche senza passare dalle grandi sale. Le case di produzione micro sono sempre più professionali e attente alla sostenibilità economica e ambientale dei progetti. Crescono le collaborazioni con realtà sociali, scuole, associazioni culturali, movimenti civici. Il cinema indipendente torna a essere uno strumento educativo, formativo, politico nel senso più nobile del termine.

Il futuro potrebbe riservare uno scenario in cui queste opere non siano più viste come “alternative”, ma come parte essenziale del panorama culturale nazionale. A patto che si costruisca un sistema di sostegno vero, non basato su logiche clientelari ma su meritocrazia, trasparenza e innovazione. Occorrono fondi pubblici accessibili, reti di distribuzione capillari, luoghi di proiezione diffusi. Ma soprattutto, occorre una nuova mentalità culturale, che non consideri la cultura un lusso o un prodotto, ma un bisogno. Le scuole, le università, i media devono fare la loro parte per rieducare lo sguardo, insegnare a leggere le immagini, far capire che un film non è solo intrattenimento, ma anche possibilità di incontrare l’altro, di raccontarsi, di guarire.

C’è anche una riflessione profonda da fare, che va oltre il cinema. Viviamo in un tempo in cui le parole sono spesso urlate, i contenuti confezionati per l’attenzione fugace, i messaggi ridotti a slogan. Il cinema indipendente, nella sua lentezza e nella sua verità, ci propone una forma di resistenza etica. Resistere significa guardare negli occhi una storia e lasciarsi cambiare. Significa rifiutare la finzione rassicurante, accettare la complessità, entrare nel dolore senza paura, riconoscere la bellezza anche dove è imperfetta. Questo tipo di cinema non vuole fuggire dal mondo, ma tornarci dentro con più consapevolezza.

In definitiva, il ritorno del cinema indipendente italiano non è solo una buona notizia per gli addetti ai lavori. È un segnale che qualcosa si sta muovendo nel profondo del tessuto culturale del Paese. Che c’è ancora spazio per i visionari, per i narratori autentici, per chi crede che raccontare una storia sia un atto d’amore e di responsabilità. Che forse, in un tempo che sembra aver perso le parole, il cinema può ancora insegnarci a stare in silenzio. E ad ascoltare.

Giuseppe Aquino   è un regista, sceneggiatore e  produttore indipendente. Vive e lavora a Roma e Londra. In attività da professionista dal 1987 è impegnato da sempre nel sociale. Aquino si specializza nel cinema d’autore ed etico, con più di 100 opere realizzate tra film, documentari, spettacoli teatrali e trasmissioni TV[2].. ll Festival Internazionale del Cinema Naturalistico e Ambientale, nel novembre 2023, tramite il suo portavoce e Presidente Riccardo Forti con il supporto della giuria, dichiara che: “Giuseppe Aquino è tra i più importanti e influenti registi d’autore nella cinematografia sociale in Europa LINK che pongono la famiglia alla base dei valori etici di cui essa è promotrice. Questa dichiarazione è supportata da una tesi sulla sua identità sociale pubblicata sul del festival e nel comunicato stampa. LINK e dal premio ricevuto da Osvaldo Bevilacqua padrino, giornalista e presentatore del festival. Un tratto distintivo del regista Aquino che professionista dal 1987 con partita Iva non ha mai preso un finanziamento pubblico e neanche mai lavorato ad un film o progetto finanziato con soldi pubblici.