Antonio Del Donno

tra vangeli lignei e spiritualità contemporanea. A Roma la mostra “Semi dell’invisibile” negli spazi di Peluffo & Partners

di [Leonardo Boffi] 27 Maggio 2025

C’è un filo sottile, eppure tenace, che attraversa la materia e la eleva a segno, visione, invocazione. Questo filo è la spiritualità, che nell’opera di Antonio Del Donno diventa gesto radicale e necessità etica. A Roma, dal 28 al 31 maggio, negli spazi dello studio Peluffo & Partners ARCHITETTURA, prende forma la mostra Semi dell’invisibile. Antonio Del Donno – I Vangeli e le Opere, un’occasione rara per tornare a interrogare, attraverso l’arte, la relazione tra corpo e anima, tempo e sacro, gesto artistico e parola rivelata.

L’esposizione – curata da Sara Dal Brollo, Ludovica Lugli e Domenico Faraco, in collaborazione con Alberto Molinari, curatore dell’Archivio dell’artista – nasce dal desiderio di ricostruire il tessuto concettuale e simbolico di uno degli ultimi grandi interpreti del linguaggio visivo come forma di trascendenza. Il progetto espositivo si inserisce inoltre nel dialogo architettonico avviato da Peluffo & Partners con la loro ricerca sullo spazio sacro, culminata nel progetto per la Parrocchia di Sant’Ignazio da Laconi a Olbia: un’architettura che accoglie il divino, lo rifrange, lo rende esperienza.

Un vernissage dal valore istituzionale e simbolico

L’inaugurazione ufficiale del 27 maggio ha visto la partecipazione di numerose personalità del mondo ecclesiastico, culturale e istituzionale, tra cui Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Augusto Paolo Lojudice, Monsignor Ernest Giovanni Viale, rappresentante della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, l’Onorevole Dario Nanni, Presidente della Commissione Giubileo, il Dott. Fabio Vitale, il regista Giuseppe Aquino, il Direttore Generale AGEA, il Dott. Antonio Di Matteo, Consigliere d’Amministrazione INPS, l’Avv. Alessandro Di Meglio, l’Ing. Marco Simoncini, Direttore Apicale Municipio VI, l’Arch. Gianluca Peluffo, il Dott. Carlo Ciccarelli, gallerista, il conduttore Roberto Porcelli di ArteOraTV, e l’Arch. Fabrizio Arrigoni, in una cornice che ha unito arte, architettura e spiritualità. Un vernissage che ha assunto, quindi, il carattere di evento collettivo, a sottolineare la centralità del lavoro di Del Donno nel dibattito sull’arte come forma di impegno spirituale e civile.

I Vangeli lignei: sacralità e denuncia

Fulcro della mostra sono i celebri Vangeli lignei: opere che Del Donno ha realizzato a partire da materiali poveri – legno, ferro, oggetti trovati – trasformati in libri sacri scolpiti, incisi, vissuti. I versetti evangelici scritti in ferro battuto su tavole di legno diventano grido e silenzio, denuncia e contemplazione. Non si tratta di reliquie né di reliquiari, ma di oggetti di rottura, che invocano un ritorno all’essenzialità e insieme pongono domande scomode all’uomo contemporaneo: dove sono finiti i valori? Che cosa resta del messaggio cristiano in una società assuefatta al consumo e all’indifferenza?

La poetica di Del Donno – artista beneventano scomparso nel 2020 – si è formata in un percorso che lo ha visto transitare dalla pittura alla scultura, passando per l’astrazione espressionista, l’azione gestuale, il dialogo con le neoavanguardie. Tra le esperienze fondative: l’incontro con Lucio Amelio, la frequentazione con Mimmo Paladino, e la lezione profonda di maestri come De Kooning, Pollock, Vedova, Rauschenberg e Warhol. Eppure, è con i Vangeli che l’opera dell’artista compie un salto ulteriore, diventando dispositivo di spiritualità incarnata.

Arte, architettura, natura: un unico linguaggio per dire l’indicibile

Il titolo della mostra, Semi dell’invisibile, non è un semplice vezzo poetico. È la chiave di lettura di un’intera poetica che lavora sull’attesa, sulla rivelazione, sul tempo lento della trasformazione interiore. Ogni opera esposta è un seme che chiede terra, cura, luce. Ogni tavola è un orizzonte, un’eco, una preghiera. Così, arte, architettura e natura si intrecciano in un unico linguaggio, capace di dare forma all’indicibile.

In un tempo in cui tutto è visibile, condiviso, spettacolarizzato, Del Donno insiste sull’invisibile come campo d’azione privilegiato dell’arte. E lo fa non con lo stile dell’enfasi, ma con la pazienza dell’artigiano e la lucidità del visionario. Il suo lavoro si pone, oggi più che mai, come un invito alla contemplazione attiva, al dialogo profondo, alla riscoperta di una dimensione spirituale che è anche, inevitabilmente, politica.


Antonio Del Donno (Benevento, 1927 – 2020)

Pittore, scultore e sperimentatore visivo tra i più originali e importanti del Novecento italiano

Antonio Del Donno è stato un artista visivo di rara potenza simbolica e gestuale, riconosciuto a livello internazionale per la sua capacità di coniugare il rigore della geometria con l’esplosività dell’arte materica e concettuale. Nato a Benevento il 27 novembre 1927, ha fin da giovanissimo mostrato un’inclinazione per il disegno tecnico e l’estetica architettonica, che si sarebbe riflessa nella sua poetica visiva lungo tutto l’arco della carriera.

Trasferitosi a Napoli, ha completato la sua formazione al Liceo Artistico e all’Accademia delle Belle Arti, per poi tornare a Benevento come docente di Educazione Artistica. Nel decennio cruciale degli anni ’60, frequenta quotidianamente la Galleria di Lucio Amelio, assieme all’amico Domenico Paladino, immergendosi nei grandi flussi dell’arte contemporanea internazionale. Decisiva, per la sua evoluzione, fu la scoperta dell’opera di Robert Rauschenberg alla Biennale di Venezia del 1964, e l’incontro ideale con il gesto pittorico di De Kooning e Pollock.

Nel 1962 tiene la sua prima personale alla Pinacoteca Provinciale di Benevento. Da allora, sviluppa un linguaggio autonomo e potentemente simbolico, libero da accademismi e vicino alla poetica del “combine painting”, tra pittura e oggetto. Le sue opere — come i celebri Vangeli del 1972, tavole lignee recuperate e marchiate a fuoco con versetti ammonitori — uniscono il gesto pittorico con la materia grezza, diventando denuncia del consumismo e riflessione sulla spiritualità e sull’umano.

Del Donno è stato autore di cicli come Contenitori di Luce, Tagliole, Vangeli, opere sempre tese a smascherare la superficialità del mondo moderno, recuperando la funzione sociale dell’arte. La sua cifra è una gestualità carica di energia che si fonde con l’oggetto reale, in un continuo dialogo tra sacro e profano, ironia e denuncia.

Nel 2018, RAI3 gli ha dedicato uno speciale nazionale, riconoscendolo tra i 100 artisti più importanti al mondo. Nel 2019, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stato insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”. È scomparso il 19 novembre 2020 nella sua città natale.

Le sue opere sono custodite in collezioni pubbliche e private di prestigio internazionale: dai Musei Vaticani alla National Gallery di Atene, dal LACMA di Los Angeles al Musée de Grenoble, dal Museo Pecci di Prato al Hara Museum di Tokyo.

Nel 2023, a conferma della crescente attenzione critica, è stato pubblicato il volume “Senza Limiti – Vita e opera di Antonio Del Donno” (Simona Lombardi, El Kozeh edizioni), frutto di una tesi di laurea discussa presso l’Università Federico II di Napoli, primo studio sistematico e biografico sull’artista.