Nativi digitali e nuove forme di spiritualità

Sono cresciuti tra touchscreen, algoritmi e intelligenze artificiali. Eppure, i nativi digitali stanno cercando qualcosa che non si può scaricare: un senso. Una recente indagine in 14 Paesi europei ha mostrato che oltre il 60% dei giovani tra i 16 e i 30 anni si definisce “spirituale ma non religioso”. Non cercano dogmi, ma esperienze profonde. Non templi, ma comunità vere. Non prediche, ma ascolto.

Molti praticano yoga digitale, meditano con app, si ritrovano in gruppi informali che uniscono spiritualità, arte e consapevolezza. Alcune startup stanno creando spazi immersivi di contemplazione in realtà virtuale, dove il silenzio si può “abitare” anche online. A Barcellona, un’ex discoteca è diventata uno spazio spirituale urbano aperto a credenti e non credenti.

Le religioni tradizionali dovranno imparare a dialogare con questi linguaggi dell’interiorità. Intanto, cresce una nuova sensibilità che pone al centro l’ascolto, il corpo, la natura e la connessione tra esseri viventi. In un’epoca di crisi climatica, sociale e affettiva, i giovani ci ricordano che la spiritualità è il contrario del fanatismo: è una ricerca umile di senso. E forse, proprio da loro, ci verrà insegnata la preghiera del futuro.